Siculi

        La zona centrale della Romania che si trova sotto il controllo degli ungheresi è abitata dalla “comunità sicula” (secui, in rumeno, szeklers, in ungherese). Ufficialmente, la propaganda ungherese dice ai “siculi” che sono discendenti degli Unni. Gli Unni sono scomparsi dalla storia Europea quasi 1000 anni prima che i siculi fossero apparsi. In base alle analisi del DNA, non si è trovato nemmeno un siculo che abbia l’aplogruppo Q, quello unno. Le fonti storiche menzionano per la priva volta i siculi nel Medioevo, quando vengono mandati a fare le guardie alla frontiera orientale del regno di Ungheria. Si sa che essi erano provenienti dalla Romania occidentale, dalle zone controllate dal Vaticano. Si sa che i siculi erano pochi, perché nel 1224 il re ungherese Andrei III aveva mandato dei cavalieri teutonici a fare le guardie nella stessa zona. Nel XIII secolo il cronista Simon de Keza scrive che i siculi hanno adottato uno dei molti tipi di scrittura runica dei Vlahi. Da Antonius Verantius e Nicolaus Olahus si sa che la lingua e le loro abitudini erano differenti da quelli degli ungheresi. I documenti storici non dicono quale fosse l’origine etnica dei siculi. Oltre ai costumi popolari rumeni e ungheresi, essi usano indossare anche costumi molto simili a quelli tedeschi, cechi e slovacchi, cosa che suggerisce che i siculi inizialmente provenivano da questi popoli, soprattutto perché il loro DNA ha una concentrazione abbastanza alta di aplogruppo R1b ed I1, che sono tipici dell’Europa centrale.

     Oggi la maggior parte della popolazione dei siculi è composta da rumeni che sono stati assimilati dagli ungheresi. Tutti gli ungheresi della zona centrale della Romania sono chiamati “secui” dalla propaganda ungherese, indifferentemente a quale nazionalità appartengano. Villaggi menzionati come villaggi rumeni tra il XIII e il XIX secolo, come Bodogaia, Eliseni, Porumbeni Mari, oggi sono “villaggi siculi”. Nel villaggio Miclosoara, menzionato per la prima volta nel 1211 come villaggio rumeno, l’unica cosa che ricorda il passato rumeno del villaggio sono i nomi dei defunti, che sono nomi tipici rumeni magiarizzati. Il paese Cristul è stato abitato in maggioranza da rumeni fino al 1866. Dopo che nel 1867 gli ungheresi sono andati al potere, il prete rumeno è stato allontanato, la chiesa è stata chiusa, i tedeschi e gli zingari sono stati colonizzati e i nomi dei rumeni sono stati cambiati. Oggi la maggior parte della popolazione parla ungherese. Nella “terra dei siculi” chiunque parli ungherese è un “siculo”. Tutti, tranne gli zingari, anche se hanno nomi ungheresi e parlano ungherese.
Nel 1584 Antonio Possevino scrive che i “siculi” rumeni vivevano tra molti Vlahi che non parlano ungherese, ma che continuavano a convertirsi al Cattolicesimo, come nel paese Vlahita. L’austriaco Ignaz Lenk von Treuenfeld scrive nel “Lixicontul”, apparso a Vienna nel 1839, che dei 500 villaggi dei “siculi”, esistevano ancora 130 villaggi dove non si parlava per niente l’ungherese e 122 villaggi dove la popolazione era mista. Dopo 80 anni solamente il 30% dei villaggi menzionati da Treuenfeld aveva una popolazione rumena e il resto era stato assimilato della popolazione dei siculi. Ciò significa che, durante l’assimilazione tra il 1867 e il 1914, nella zona dei siculi il 90% dei rumeni è stato assimilato (“zona secuiasca”, in rumeno). Il resto dei villaggi rumeni era stato assimilato molto tempo prima, durante l’occupazione degli ungheresi nel Medioevo.
Il censimento del 1699 della Transilvania registra un grande numero di rumeni assimilati nella popolazione dei siculi, i quali avevano nomi magiarizzati. Già a quell’epoca una moltitudine di rumeni era diventata sicula. I censimenti della Transilvania sono il metodo più buono per fare delle ricerche sul passato dei siculi. Se vengono considerati nell’ordine cronologico inverso, si può notare che la maggioranza degli odierni siculi sono discendenti di alcuni rumeni magiarizzati. Nel 1761 il generale austriaco Adolf von Bukow, il quale è stato incaricato di distruggere le chiese Ortodosse, scriveva che nella provincia con la più grande concentrazione di ungheresi, Odorhei, tra 102 villeggi soltanto 3 erano puramente ungheresi e il resto erano misti oppure 100% rumeni.

       Prima del 1867 decine e decine di villaggi erano rumeni e dopo sono stati trasformati in villaggi ungheresi, come Varghis, Racosu de Sus, Aita Mare, Beliu, Ivanesti, Cernatu de Sus si de Jos, Dobolii, Brates, Bodogaia, Lazareni, Curteni, Sarata, Budin, Martinis, Daia, Anghelus, Ghidfalau, Olteni, e oggi hanno ancora le vecchie chiese Ortodosse. Nonostante ciò, non tutti i rumeni hanno abbandonato la lingua. Per esempio, a Toplita l’assimilazione non ha avuto un grande successo. Nel 1859 il 7% della popolazione era ungherese, arrivando oggi al 35%. Questa è una crescita significativa, ma piccola in confronto con altri insediamenti della “terra dei siculi”. In altri villaggi, come Magherus, dove nel XIX secolo erano registrati 124 rumeni, oggi il 100% della popolazione è ungherese. Gli osservatori indipendenti del XIX secolo, come Paul Hunsdorfer oppure Karl Marienburg confermano anche loro che i “siculi” erano in gran parte rumeni assimilati. Anche Paul Hunsdorfer è stato costretto a diventare ungherese è il suo nome è stato cambiato in Hunfalvy. Non dovrebbe essere una sorpresa che su un affresco del XVIII secolo i “siculi” indossano i sandali dacici, gli “opinci”.
Oltre ai costumi dell’Europa centrale che sono stati adottati da molti ungheresi della zona indifferentemente dalla nazionalità, tutto nella zona “dei siculi” è 100% rumeno. I “siculi” che visitano il museo Ciucului di Ciuc, una delle più importanti delle loro città, saranno imbarazzati per il fatto che gli antichi costumi esposti sono rumeni. Tutte le tradizioni “dei siculi” sono in realtà rumene e in molti casi più antiche della lingua ungherese in Europa. Il popolo degli csango della Moldavia è formato da rumeni che sono stati assimilati e oggi parlano ungherese e professano la religione Cattolica. Essi sono fuggiti dall’Impero austriaco in Moldavia e quindi hanno potuto mantenere l’identità rumena, sebbene nel Medioevo abbiano perduto la loro lingua. Oggi queste persone indossano costumi rumeni, ballano balli rumeni, cantano canzoni rumene, ecc. La macchina di propaganda ungherese cerca di convincerli che appartengono alla “nazione” ungherese. Quello che dimenticano di spiegare è perché gli csango praticano il rituale della capra, un rituale che è antico di almeno 1000 anni in più della lingua ungherese.

      Il partito ungherese cerca di mettere le mani sugli archivi storici delle chiese Cattoliche della Romania, che, se vengono analizzati, supportano tutto ciò che è stato detto e distruggono totalmente il mito della nazione “dei siculi”. Gli ungheresi non soltanto cercano di nascondere la verità riguardo la nazione “dei siculi”, ma fanno tutto il possibile per assimilare o allontanare i rumeni rimasti nella zona. Nel XIX secolo l’etnografo tedesco Rudolf Bergner identifica tre passaggi per l’assimilazione dei rumeni nella nazione “dei siculi”. Il primo, quello in cui i rumeni imparano l’ungherese e parlano entrambe le lingue. Egli dava come esempio il villaggio Voslobeni. Il secondo, quello in cui i rumeni abbandonavano la lingua materna, ma non la religione Ortodossa. Egli dava come esempio il villaggio Joseni. Il terzo, quello della magiarizzazione completa. Oggi questo processo ha ancora luogo nella “terra dei siculi” con gli ultimi rumeni presenti nella zona.


Fonte: Thraxus Ares.

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